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L'AFFAIRE SUISSE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 novembre 1978
 
di Peter Ammann, con Jean Sorel, Franco Fabrizi, Brigitte Fossey (Svizzera, 1978)
 

Premettiamo subito che la stelletta sopra non si riferisce alla qualità del film, ma a un suo eventuale interesse di attualità. L'affaire suisse è un film che ha già fatto parlare di sé, e probabilmente lo farà ancora. E' stato girato in buona parte nel Ticino, un anno fa, da Peter Ammann, cineasta svizzero tedesco   segnalatosi nel 1970 con il mediometraggio Braccia sì, uomini no sull'iniziativa di Schwarzenbach contro la mano d'opera straniera. E, soprattutto con Il treno rosso, del 1972, nel quale descrive il treno che in occasione delle elezioni italiane riporta gli operai dalla Svizzera in Italia: e mette splendidamente a profitto la propria vena di documentarista, fondendola abilmente con il cinema di finzione e con sequenze tratte da una rappresentazione del Guglielmo Tell di Rossini.

Ora, con L'affaire suisse Amman ritorna a un tema di notevole interesse e attualità: il ruolo della finanza internazionale e nazionale nel nostro Paese, i traffici monetari, la speculazione edilizia. Deve aver pensato a Costa-Gavras, il regista di Z :  una storia poliziesca, Jean Sorel che fa il poliziotto onesto che   cerca di smascherare gli gnomi cattivi, il Vaticano, le banche, la politica che copre i pesci grossi della finanza internazionale, i piccoli, gli stranieri («quelli che puliscono i cessi alla stazione di Zurigo»), il modesto imprenditore onesto. Il tutto condito da bombe, attentati, suicidi, omicidi.   

Jean Ziegler scrive, in una specie di prefazione al film, che lui va al cinema raramente, ma che L'affaire suisse è uno dei film più importanti mai girati in Svizzera. Il film viene allora offerto al Festival di Locamo, che si rifiuta di metterlo in Concorso. E’ mal fatto, dice la Commissione di selezione, possiamo proiettarlo nell'Informazione Svizzera. Ammann risponde, in concorso o niente.  E poiché a Locamo si è appena cambiato di direttore, ecco una buona occasione per gli amici di quello precedente per sollevare una polemica. I ticinesi, dicono, non vogliono mostrare e pubblicizzare il film in quanto timorosi dei temi trattati...  Alcuni critici (pare) rincarano: se il film è mal fatto non importa; l'importante è portare a conoscenza del pubblico questi temi tabù.   

Nulla di più aberrante? Se un film è mal fatto, potrà trattare del tema più affascinante della storia dell'umanità, ma non avrà il minimo impatto. Lasciamo stare l'arte. Ma se un film nasce da una sceneggiatura disordinata, con le inquadrature, l'illuminazione, i movimenti di macchina, il montaggio, l'aspetto esteriore insomma, al di sotto del minimo accettabile; se la recitazione e ancor più la direzione degli attori è dilettantesca, la musica non esiste, e via dicendo, ebbene lo spettatore non verrà sollecitato dal messaggio. Peggio ancora, ed è quello che succede in questo caso, non comprenderà nulla, annoiandosi. Tutti glie elementi di cui sopra non sono stati inventati per farci della teoria. Servono, a tener desta l'attenzione dello spettatore. Costa-Gavras non fa dei capolavori: ma fa dei dei film stimolanti, nei quali la polemica dei temi trattati viene a galla, grazie alle accentuazioni   spettacolari della regìa.  Basato su una coproduzione italo-svizzera (sulla   chiarezza del quale ci sarebbe molto da discutere) a L’affaire suisse manca del tutto la mano di qualcuno che tiri i fili del discorso. Fin quando le frecce saranno di questo tipo, gli gnomi possono dormire sonni tranquilli.   

 


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